Scritto, diretto ed interpretato da Pietro Romano
Prosegue la straordinaria intuizione artistico – letteraria, suscitata dal talento caleidoscopico di Pietro Romano – che scrive, interpreta e dirige i propri lavori –, confermata quanto a spessore e valenza in operazioni vincenti in cui i classici di Goldoni (Arlecchino, servo di due padroni, I due gemelli veneziani) e Molière (L’Avaro, Il malato immaginario) riadattati e trasposti in dialetto romanesco, hanno offerto alla cultura teatrale della Caput Mundi il vezzo splendido della commedia dell’arte, archiviando incredibili successi e mesi di sold out: è dimostrato, quindi, il bisogno di alto livello artistico e culturale che aleggia impertinente nel mondo contemporaneo dello spettacolo.
L’energia istrionica di Romano, inguaribile ed irriducibile amante della sua città natale, si china questa volta alla gloria del teatro napoletano di Scarpetta e traspone e riadatta la più celebre delle sue opere, Miseria e Nobiltà nel suo dialetto, tingendo con grazia e maestria l’inestimabile, indiscussa ricchezza dell’originale, degli splendidi colori della popolarità romana, esaltandone l’intramontabile vernacolarità.
La storia rimane forte del pregio di soggetto e stesura iniziali, lasciando che la giostra continui a volteggiare elegantemente tra i caratteri umani, classi sociali e introspezioni d’ogni sorta.
Felice, il protagonista, interpretato – dunque – da Pietro Romano, gioca sulle belle corde della maschera scarpettiana, sovraintendendo, nella logica di una disarmante comicità che ancora riesce a sorprendere, alla storia d’amore del nobile per la popolana, con la scaltrezza del povero che si finge ricco, tra colpi di scena e verità che scottano…
L’opera è esilarante senza margine di discutibilità. E l’umile intelligenza artistica di Romano si rivolge sera per sera, direttamente al genio di Scarpetta: “Maestro, chapeau!”.
Foto di Adriano Di Benedetto, Paolo Di Giulio, Roberto Passeri, Paolo Stucchi
© Pietro Romano