L’Ajo nell’Imbarazzo, commedia buffa – datata 1807 – di estremo successo, scritta di Giovanni Giraud e musicata, poi, da Donizetti, attinge scrupolosamente alla commedia dell’arte, a Goldoni, a Molière e diviene opera teatralmente perfetta, sottile, ironica, talvolta velatamente sarcastica, persino nel passaggio delicato ed impercettibile dal cenno autobiografico alla commedia vera e propria.

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Er Buciardo, testo firmato da Pietro Romano – che dirige, naturalmente, il cast con la seducente intelligenza artistica della comicità che lo distingue – ne è adattamento e trasposizione in dialetto romanesco: il sorprendente binomio derivante è esilarante e di indiscussa gradevolezza. 

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L’ambientazione nel fascino della Roma papalina posticipa di poco l’originale e colora il soggetto di elementi linguistici di tinte trilussiane.

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Un improbabile precettore (Pietro Romano), in un’insolita notte, giunge in casa della Marchesa Antiquati (Marina Vitolo) e in circostanze e con presupposti altrettanto stravaganti si occuperà di istruire i nobili rampolli (Stefano Natale ed Edoardo Camponeschi), sebbene non più esattamente in età scolare. Vezzi  imprescindibili al corretto giro della giostra di scena sono la serva, macabro personaggio interpretato da Valeria Palmacci e, come commedia vuole, la ‘giovane innamorata’,  Sara Adami.

Foto di Adriano Di Benedetto

© Pietro Romano