Scritto, diretto ed interpretato da Pietro Romano

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L’audace quanto innovativo percorso artistico – letterario compiuto da Pietro Romano, dopo la recente trasposizione della Commedia dell’Arte di Goldoni e Molière in dialetto romanesco e l’incredibile successo dell’interpretazione de Il Conte Tacchia, prosegue con un altro esperimento di straordinaria vis comica: Il Marchesino del Grillo. L’acuta intuizione che conduce alla stesura del testo, ha origine immediatamente dopo aver indossato i panni del Marchese Onofrio del Grillo (e del famoso ‘carbonaro’, Gasperino), nel 2008, grazie alla stupefacente risposta del pubblico che non solo garantì il sold out per tutte le repliche, ma ancora oggi ne fa nostalgica richiesta.

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L’ennesima opera, dunque, dalle cromature esilaranti, ulteriore conferma dell’ormai lapalissiano talento di autore, regista e protagonista, dà seguito alla quotidianità di una delle più popolari figure della tradizione romana, che – evidentemente – non si sarebbe esaurita con lo storico ‘Morto un Papa se ne fa sempre un altro…’.

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Si spalancano, così, gli orizzonti della novità, dipinta con colori di scene che, divertano o tocchino il cuore, consentono alla platea di scalare le più alte vette emozionali, con l’elegante maestria di una comicità raffinata sempre capace di esaltare un’intramontabile Caput Mundi, dispensatrice d’irripetibile bellezza.

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La scelta dello stile lessicale di trilussiana memoria matura nella procedura linguistica e nel vezzo del dialetto, così come l’ambientazione nella Roma papalina della seconda metà dell’800, esigendo un impegno teatrale innegabilmente intenso ed indiscutibilmente vincente. 

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Il povero Saturnino Proietti (Pietro Romano) diviene, quindi, il fantastico escamotage per dire la verità che scotta, quella che demolisce la cattività delle questioni sociali e livella un genere umano che altro non è che se stesso: tuttavia, sono - proprio ed incredibilmente – l’altezza dei contenuti e la profondità dei sentimenti insieme a garantire la risata che la tenacia artistica di Romano sottoscrive ad occhi chiusi, ancora più in là della notorietà delle sue corde.

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Perché tutto questo si compia, è necessario un cast di assoluto spessore a dare necessario alito vitale alla storia: alla morte del Marchese, il Notaio (Luigi Tani) convoca gli eredi del de cuius a palazzo, per l’apertura del testamento: Floria (Valeria Palmacci) con il marito, Mario (Valentino Fanelli), nipoti ‘storici’ del Marchese come Galeazzo (Matteo Montalto) e Yolande (Sara Adami), promessi sposi. È altresì necessaria la presenza dell’amministratore di famiglia, Speranzio (Marcopaolo Tucci), tutti falchi – sul patrimonio – ognuno con l’ardire di voler sorprendere… In ogni palazzo ‘per bene’, naturalmente c’è la serva, Assunta (Claudia Tosoni), impegnata in molto più delle faccende ordinarie. E per mantenere alto il titolo, quanto ad usi e costumi, è indispensabile l’intervento di Adalberto Marini Recchia, maestro di buone maniere (Pierre Bresolin, che interpreta anche il ruolo del Prete, al funerale del Marchese)…

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I colpi di scena, però, a firma di Romano, non finiscono mai…

Foto di Adriano Di Benedetto e David Melani

© Pietro Romano